Stavolta un articolo breve perché ci siamo dovuti riprendere di tutte le feste e delle serate che iniziano oggi e finiscono domani.
Siamo andati a Copenaghen, ma in un quartiere abbastanza periferico, per vedere la Grundtvigskirchen, una chiesa costruita abbastanza recentemente, in una zona che allora era fuori Copenaghen. Solo successivamente, con lo sviluppo della città, è stato costruito intorno alla chiesa, che ne è diventato il centro, il quartiere circostante.
Nella chiesa dominano i colori chiari anche nei particolari. È un’unica pennellata di color sabbia e miele.
Nel pomeriggio ci siamo invece spostati in sala stampa per prepararci alla seconda semifinale. Il momento più catartico è stato quando, come primo Paese in finale, è stata chiamata la Svizzera. Non ho fatto un salto ma ho urlato talmente forte che probabilmente qualche vena intorno al cervello è andata in tilt, e ho avuto un momento di mancamento, neanche stessi per svenire dall’emozione. Ma è stata una gioia troppo forte, perché capita, capita spesso, che le tue canzoni preferite, nonostante ti sembrino bellissime, e spesso lo siano anche, ma ormai ho imparato che l‘Eurovision è una vetrina dove guardi e scegli quello che preferisci o, nelle parole dei presentatori: “Dover scegliere una canzone all’Eurovision è come entrare in un ristorante dove ti piace tutto il menù. Devi fare una scelta”.
E una grande emozione anche quando è passata Malta, l’altro paese che avevo scelto dal menù. E la soddisfazione finale di vedere Conchita Wurst e l’Austria in finale.
In conferenza stampa, la domanda per Risky Kidd è: “Complimenti per l’esibizione, straordinaria, che ci ha trasmesso tanta energia, e in bocca al lupo per la finale. Stavo notando comunque che sono sette giorni che mi fissi con sguardo omicida ogni volta che mi vedi. Hai problemi? Prima che te parto de capoccia, li andiamo a risolvere quà fuori?”
Dalla sala stampa ci siamo spostati all’EuroClub dove, come ogni sera, era organizzato un karaoke con le canzoni dell’Eurovision all’incirca degli ultimi sei anni, che in genere è presentato da DQ (Danimarca 2007). Allora mi sono segnato per cantare Eg à lif (Islanda 2013). Alla fine dell’esibizione, almeno due persone mi si sono avvicinate per farmi i complimenti, cosa che in effetti non mi era mai capitata, in tutti questi anni di karaoke in giro per l’Europa. E mi dicono che ci siano anche delle evidenze fotografiche, ma addirittura audiovisive, della mia prestazione. Io al momento non saprei dire, perché di quei tre minuti non ricordo niente. E posso solidarizzare con i bravi cantanti dell’Eurovision, che si trovano sempre imbarazzati quando arriva la domanda più scontata delle conferenze stampa: “Come ti sei sentito sul palco?”.
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