Torna anche quest’anno il nostro diario dedicato alla città che ospita l’Eurovision Song Contest. Aneddoti, curiosità, informazioni e incontri direttamente da Tel Aviv, in Israele.

06.05.2019 ore “Da qualche parte nella notte”

Di nuovo in coma sul letto di casa, a Tel Aviv. Il sole stanca…

06.05.2019 Ore 13.02

Qualcuno sostiene che i tavoli e le sedie della sala stampa siano state riciclate dallo staging del video di Luca Hänni, quello che sembra girato in uno dei peggiori bar di Caracas ma poi si capisce che non era a Caracas ma a Istanbul…

06.05.2019 Ore 13.25

Mentre in sala stampa ci si ammazza di pizzichi, qualcuno, tipo MyHeritage, sta sostenendo che il cantante a cui assomiglio di più sia Mahmood…

07.05.2019 ore “Troppo tardi per la spianata delle moschee”

Arriviamo davanti al Muro del Pianto, a Gerusalemme. Una grande piazza lastricata, piena di gente, ma proprio tanto piena, con due ingressi di avvicinamento al Muro, uno per le donne e uno per gli uomini.

Arrivato vicino al muro mi fermo a guardare le persone che ho intorno. A sinistra, alcuni ebrei, vestiti in maniera tradizionale, con le camicie bianche, i cappelli neri, e le ciocche di capelli più lunghe ai lati delle orecchie. Accanto, un ragazzo in vestito tradizionale: parte della sua preghiera era ruotare a piedi fermi a destra e a sinistra, con un libro in mano. Davanti un signore nero, di una certa età, in ginocchio con le mani alzate e appoggiate al Muro. Accanto un ragazzo che poteva essere il figlio, in piedi con la mani nella stessa posizione. Alla mia destra vedo arrivare un ragazzo, capelli neri, barba nera sul viso allungato, prende una sedia, si mette a sedere e appoggia un braccio al muro e ci si appoggia sopra, quasi come se stesse piangendo disperato. Continuavo a guardarlo e non me ne volevo andare. Probabilmente erano movimenti rituali, ma vederli in quel momento mi ha davvero commosso.

07.05.2019 ore “Probabilmente un minuto prima dell’inizio”

Usciamo dalla Sinagoga di Hurva, nel quartiere Ebraico di Gerusalemme nuova, perché alle 18.00 chiudono perché inizia la Festa dell’Indipendenza in Israele, il giorno in cui si ricorda la fine del Mandato Britannico.

Uscendo, noi che torniamo alle nostre attività e alla nostra vita, vedo entrare un ragazzo, con il vestito tradizionale bianco e nero e mi è venuto da pensare, “Ecco, lui va a celebrare la sua religione. Entra nel posto dove si sente a casa”. E io no.

07.05.2019 ore 20.00

La sirena avverte l’inizio del minuto di silenzio in ricordo di tutti gli ebrei morti in guerra o in atti di terrorismo. Il pullman che ci sta portando a Tel Aviv si è fermato in mezzo alla strada. Più avanti, allo stesso modo in mezzo alla strada, intravedo altre macchine ferme e con le portiere aperte. Sento di dovermi alzare anch’io. Esco dal pullman e sguscio a fatica tra la parete del pullman e le persone che sono ferme, in piedi, sulla strada, immobili. Porto una mano al cuore e rimango fermo in contemplazione dell’orizzonte. Ho agito d’istinto. Non so se ho fatto male. Sicuramente non in malafede.