“I boomer si stanno agitando, dite loro che fa parte della canzone”. Così, più o meno, qualche “millennial” giustificava stanotte, in rete, il discutibile gesto di Blanco sul palco dell’Ariston, che ieri ha distrutto la scenografia floreale che accompagnava la sua esibizione per un motivo che, qualunque esso sia, non ha nulla a che vedere con ciò che dovrebbe chiamarsi “spettacolo”.
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Perché, vedete, proprio questo è il punto: capirsi su cosa voglia dire fare “spettacolo” o, più in generale, proporre un’arte in grado di divertire o emozionare chi la fa e chi la riceve. Lo stesso Blanco, alla fine del selvaggio exploit, ha dichiarato di averlo fatto “per divertirsi”, lasciando dunque intendere che sfogare senza freni la violenza delle proprie emozioni, su oggetti e malcapitati contesti di qualsiasi genere, abbia in sé qualcosa di piacevolmente ludico.
Purtroppo, però, non tutti coloro che ieri hanno assistito alla scena hanno provato il medesimo piacere, perlomeno quelli che nella vita hanno compiuto lo scatto evolutivo necessario per trovare divertenti forme di sfogo meno primordiali: su tutte, appunto, l’arte. Chi, quindi, giustifica Blanco affermando che il ragazzo abbia voluto inscenare il testo della sua canzone, dimentica il vero senso e fine ultimo dell’arte, che è quello di elevare e nobilitare i sentimenti, incanalandoli in qualcosa di costruttivo, bello a vedersi e sentirsi.
È così che anche le emozioni meno gradevoli, come la rabbia o il dolore, diventano poesia. Blanco, ieri, ha quindi perso una doppia occasione: non solo quella di gareggiare per la seconda volta sull’importante palco dell’Ariston, ma soprattutto quella di elevare il proprio spirito all’arte e di insegnare ai millennial cosa, davvero, dia senso e piacere alla vita.