Con l’approssimarsi della celebrazione della sessantesima edizione dell’Eurovision Song Contest pare che l’EBU sia più attento a guardare avanti piuttosto che auto-compiacersi guardando al passato.
Le celebrazioni dell’importante anniversario per uno dei più longevi spettacoli televisivi al mondo si limiteranno ad un sobrio (in termini eurovisivi) concerto organizzato dalla BBC che si terrà a Londra il 31 Marzo.
Ma l’Eurovision non può stare fermo: è cresciuta l’importanza dell’Eurovision Song Contest all’interno dell’EBU rispetto ad altre funzioni istituzionali quali la gestione dei diritti sportivi e dello scambio di contenuti video per l’informazione in quanto lo show negli ultimi vent’anni è cresciuto a dismisura rendendo a volte complicato mantenere il formato che attualmente è di tre serate di cui due eliminatorie ed una Gran Finale.
Il problema è che l’EBU è un’associazione di broadcasters pubblici, questi in molte parti d’Europa hanno ascolti pessimi e bilanci fallimentari o sono rappresentanti di Paesi con fortissimi squilibri finanziari: a causa di questi problemi da alcuni anni alcune emittenti hanno preferito rinunciare alla partecipazione regolare a causa dei costi.
È vero che l’impegno economico richiesto dall’EBU non è insormontabile per i più anche in considerazione del fatto che in cambio si ricevono dieci ore di televisione di altissima qualità, il problema principale sono i costi vivi delle delegazioni che devono trattenersi nella Città Ospitante per un paio di settimane in città che puntualmente sono tra le più costose d’Europa.
Alcuni broadcasters per adesso hanno risolto con sponsor, collaborazioni con reti musicali private o copertura di parte dei costi da parte della casa discografica dell’artista, cosa che ovviamente non è sempre possibile, il televoto stesso è ritenuto un’entrata irrinunciabile.
Inoltre l’ESC è sempre stato molto sensibile alle turbolenze politiche con il rischio che da un anno all’altro interi blocchi di nazioni decidano di non partecipare magari in protesta per un sopravvenuto fatto esterno.
Evidentemente la stagione delle iscrizioni diventa di anno in anno sempre più turbolenta.
Queste cose certamente preoccupano l’EBU che è costretto a mantenere un numero di partecipanti alto, in grado insomma di mantenere in piedi due seminali che certamente non possono scendere al di sotto di 16 partecipanti ciascuna per giustificare due spettacoli di due ore ciascuno che hanno costi praticamente incomprimibili.
Allora forse si riesce maggiormente a comprendere come l’EBU stia “testando” l’ingresso di Paesi non membri effettivi dell’organizzazione ma semplicemente “associati” (cioè emittenti che potrebbero solamente fruire di contenuti prodotti o coprodotti dai membri effettivi) che in teoria non potrebbero partecipare ma in fondo per cambiare una regola basta tirarci sopra una riga.
Il tutto facendo storcere il naso a molti Eurofans i quali non sempre hanno accolto favorevolmente la “partecipazione straordinaria” della SBS Australia in gara al concorso di Vienna.
Sono sicuro che prima o poi questa partecipazione verrà ripetuta magari aprendo gradualmente tre-quattro posti a membri associati dell’EBU ed assicurando un sufficiente numero di partecipanti garantendo una navigazione tranquilla e forse un’ulteriore sviluppo almeno per il prossimo decennio dove cambierà completamente il modo di fruire della televisione e dove probabilmente il ruolo della televisione pubblica risulterà sempre più ridimensionato soprattutto nel campo del Entertainment a favore delle emittenti commerciali che prima o poi, specialmente nei Paesi economicamente più deboli, in qualche modo dovranno essere coinvolti attivamente.
Il tutto per poter fare tranquillamente un bel brindisi nel 2030 in occasione della 75° edizione dell’Eurovision Song Contest.
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