Il rapporto tra la comunità LGBT (lesbian, gay, bisexual e transgender) ed Eurovision è da sempre, per vari motivi, molto forte.

Oltre ad essere una manifestazione canora dove il “camp”, l’esagerato ed estravagante che molto spesso attira il pubblico omosessuale e transessuale, regna incontrastato da sempre, Eurovision è anche un simbolo di libertà e dialogo in senso ampio, spesso dato anche dalla vicinanza reale e simbolica di nazioni durante i giorni della kermesse, che nella vita quotidiana hanno problemi tra loro di tipo politico, storico o culturale.

Per questo la comunità LGBT, soprattutto dei paesi nei quali la cultura tradizionale e/o religiosa ha ancora un forte appeal, prende questa manifestazione canora internazionale come un possibilità di unione, visibilità e orgoglio, come può essere stato ad esempio per gli attivisti omosessuali e transessuali di Baku in Azerbaigian nel 2012, repressa in varie maniere dal governo nazionale.

Oltre ad essere una manifestazione seguita fortemente da omo, bi e transgender, Eurovision è spesso anche una vetrina e un forte sostegno a livello internazionale per artisti apertamente LGBT.

Non poco scalpore ha fatto infatti lo scorso anno la vittoria di Conchita Wurst, performer nato all’anagrafe come Thomas Neuwirt, ma che durante la vita quotidiana e le esibizioni si presenta come una bellissima ragazza barbuta, che con una potentissima voce e un messaggio politico per la visibilità della comunità gay e transgender, ha raccolto la maggior parte dei voti durante la finale a Copenaghen.

I più maligni dicono che dietro la vittoria sia infatti prevalsa la lotta politica e il sostegno della comunità LGBT a livello internazionale, doprattutto poiché la kermesse di Eurovision 2014 è arrivata pochi mesi dopo l’introduzione di leggi anti propaganda LGBT in Russia, nazione, come tutte quelle della ex Unione Sovietica, dove Eurovision è un appuntamento molto sentito dalla popolazione.

Proprio per questo motivo dopo l’edizione 2014 e la vittoria di Concita Wurst, la Russia di Putin ha infatti minacciato di ritirarsi dalla successiva edizione per mancanza di etica e condivisione di ideali, con la proposta di creare un altro importante festival dedicato alle voci russe che rispecchi in modo più “controllabile” le idee di Mosca (quest’anno in realtà la Russia partecipa regolarmente a Eurovision).

Dana International e Conchita Wurst

Dana International e Conchita Wurst – © Thomas Hanses (EBU)

Prima della vincitrice 2014, molti altri artisti LGBT avevano già preso il possesso del palco del Festival, diventando oltre che cantanti, se provenienti da paesi fortemente omofobi e transofobi, simboli per i loro connazionali che vivevano una identica identità omosessuale o transessuale.

https://www.youtube.com/watch?v=TuVc36TzSeI

I più famosi sono Dana International, artista transgender israeliana vincitrice dell’edizione di Birmingham nel 1998 con la canzona Diva e Vjerka Serdjučka (nome d’arte di Andrij Mychajlovych Danylko), cantante omosessuale ucraino, performer e drag queen, arrivato secondo nell’edizione 2007 ad Helsinki con la canzone Dancing Lasha Tumbai.

Oltre ad essere un festival canoro di importanza internazionale e forse l’unica vera esperienza che unisce nella realtà i vari paesi europei e della “vicina Europa”, Eurovision ha l’obiettivo di diventare un festival per tutti e tutte, senza tralasciare nessuno, dove la politica e le disuguaglianze culturali e politiche vengono lasciate fuori dalle porte dell’auditorium e dove paesi fortemente in crisi tra loro, possono se vogliono, durante le votazioni finali, sostenere a loro piacimento partner commerciali ed economici, ma anche acerrimi nemici storici, dove la musica supera le differenza culturali e religiose.

Eurovision diventa in qualche modo una sorta di festa che coinvolge la città e la nazione che ospita la kermesse, sostenendo se vuole apertamente la comunità LGBT locale e o in visita come ad esempio durante l’edizione di Malmö nel 2013, dove la famosa torre “Turning Torso” per accogliere i visitatori e dare un chiaro messaggio politico, è stata illuminata con i colori rainbow, simboli della comunità omo, bi, transgender (quest’anno nella tradizione della vicinanza della kermesse alla comunità LGBT alcuni dei classici semafori di Vienna, città che ospita l’edizione 2015 sono stati sostituti con immagini di coppie omosessuali che attraversano la strada).

“The world gay cup” o “The gay christmas” cosi viene chiamato a livello internazionale Eurovision, diventa quindi sempre più non solo un importante appuntamento musicale a livello internazionale, ma anche un importante simbolo di apertura politica e di ideali di pace, che si ricollega al vero spirito europeo.

 

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