All’Eurovision Song Contest l’eccesso, variamente declinato in nudità, lustrini e giochi psichedelici, quasi sempre è ben accetto in nome della causa comune a cui lo show è votato: l’accettazione del diverso.

La nobiltà del messaggio, però, mal si concilia con le cadute di stile a cui spesso porta l’esasperazione dei toni, producendo il noto effetto “trash”. Negli anni, pur in mezzo a tante produzioni di valore, demenzialità e abuso della ragionevolezza sono diventati ingredienti inevitabili, su cui si accetta di transigere per dar sapore a una minestra che altrimenti si confonderebbe nel calderone del già visto. Ma adesso che, dopo decenni di effetti ultra-speciali, anche lo straordinario è diventato ordinario, le cose si complicano.

Ad aggiungere un ulteriore passo oltre il limite, quest’anno ci ha pensato la rappresentante irlandese: Bambie Thug, questo il suo nome, colpisce subito per l’evidente ispirazione esoterica dell’abito che indossa, enfatizzata da un pesante trucco che rende indecifrabile anche il suo sguardo. Il mistero inizia a svelarsi non appena intorno a lei si accende un cerchio di ceri votivi, mentre dagli abissi del buio scenico emerge il braccio livido di un uomo dalle fattezze demoniache.

Sebbene gli addetti ai lavori della delegazione irlandese abbiano smentito questa interpretazione, quello che si consuma davanti al pubblico sembra essere un vero e proprio rito satanico, con annessa esplicita maledizione nei confronti di un(’)ex partner a cui Bambie Thug, a dispetto del suo dolce nome, rivolge tutta la violenza della sua vendetta e di un canto a tratti berciante:

Through twisted tongues a hex deployed on you
That all the pretties in your bed escape your hands and make you sad
And all the things you wish you had, you lose

La strega augura alla sua vittima di perdere tutto ciò che avrebbe desiderato, patendo solitudine e dolore. Compiuto il sortilegio, si ritira poi nei suoi pensieri, rivelando un disperato bisogno di conferme e di allontanare la percezione negativa di sé maturata con la fine della relazione amorosa:

I guess you’d rather have a star than the moon
I guess I always overestimate you
Hoodoo all the things that you do
I’m down, down in my doomsday blue

(Forse avresti voluto una stella, anziché la luna,
Forse ti ho sempre sopravvalutato,
Hoodoo, tutte le cose che fai,
Fa male, il giorno del giudizio fa tanto male)

Il ritornello, invece, riprende uno dei più classici messaggi eurovisivi, ovvero la necessità di smettere di mentire a sé stessi per conformarsi a modelli identitari e stereotipi sociali:

I, I, I know you’re living a lie
I, I, I see the scars in your eyes
I, I, I know you’re living a lie

(Io… Io… lo so, stai vivendo in una bugia
Io… Io… vedo le cicatrici che porti negli occhi
Io… Io… lo so, stai vivendo in una bugia)

Come ribadito in questi giorni in conferenza stampa, infatti, Bambie Thug è “orgogliosamente queer”, e poiché non si sente orientata in maniera particolare né al genere femminile né a quello maschile, chiede di rivolgersi a lei con il pronome “they/them”. Ritorna quindi il tema della diversità, veicolato però in una modalità del tutto nuova, attraverso immagini e suoni di sicuro forte impatto emotivo ma, forse, poco consoni a una prima serata e al vasto pubblico televisivo. L’arte, in quanto potente “arma di comunicazione di massa”, talvolta va maneggiata con cautela: non essendo mai particolarmente univoca, ma variamente interpretabile, in certi casi può diventare pericolosa. Quanti dei giovani – ma anche meno giovani – che hanno assistito al delirio di quest’anima ferita sapranno cavarne un messaggio positivo? Quanti, invece, fomenteranno la loro rabbia nei confronti di chiunque, con i versi di Bambie nelle orecchie?

© Sarah LouiseBennett/EBU

Con questa scelta, l’Irlanda ha di sicuro mirato a un doppio vantaggio: far parlare di sé e raccogliere i consensi di un pubblico ormai avvezzo anche all’incredibile. Viene da chiedersi, però, fino a che punto sia giusto sottomettere etica e buonsenso all’indice di gradimento popolare.

Foto in evidenza © Sarah LouiseBennett/EBU