Molti non hanno il coraggio di associare la parola “politica” al festival di Sanremo perché da sempre visto come appuntamento dedicato al divertimento e alla spensieratezza, ma per la prima volta nella storia il festival 2016 (il secondo di seguito per Carlo Conti premiato anche quest anno dagli ascolti dei telespettatori) ha “trasmesso” con complicità o meno di conduttore e vallette un messaggio chiaro e preciso a favore di una legge che sta seguendo un iter per l’approvazione in questi giorni in parlamento.
Protagonista di questo Sanremo “schierato” è il DDL Cirinnà, il disegno di legge che prevede l’introduzione sia del riconoscimento delle unioni civili anche per coppie omosessuali ma anche il riconoscimento della “step child adoption”, la possibilità per le coppie gay e lesbiche di adottare il figlio o la figlia del/della partner.
Già dalla prima sera la maggior parte dei cantanti hanno cominciato a sfoggiare in vari modi (braccialetti, vistosi nastri sul microfono o portati sul polso, fazzoletti, spille, disegni sulla faccia) i colori della bandiera arcobaleno, da sempre simbolo della comunità LGBT (lesbica, gay, bisessuale, transessuale) a livello internazionale, impossibili da non vedere o da non inquadrare.
Altri artisti, più giovani anche a livello di carriera come ad esempio Lorenzo Fragola, hanno deciso di assumere una posizione politica solo dalla seconda sera in poi, probabilmente sondando prima il sereno per evitare di prendere una decisione di schieramento cosi importante che può in qualche modo influire anche su una possibile carriera.
Non solo i big ma anche alcuni protagonisti di Sanremo giovani hanno con decisione sfoggiato i colori arcobaleno durante l’esibizione (addirittura Ermal Meta lo ha disegnato sulla propria faccia), creando, durante la premiazione del vincitore Francesco Gabbani che indossava un vistoso nastro pro unioni civili, una situazione di vistoso imbarazzo per Giovanni Toti, presidente della regione Liguria, che si è visto premiare e immortalare con colori non appoggiati dalla sua visione politica, essendo apertamente e fortemente schierato contro il DDL Cirinnà.
Già ancora prima di iniziare considerato il festival più gay-friendly della storia per via di ospiti come Elton John, Laura Pausini e Cristina D’Avena, di concorrenti come Patty Pravo e del chiacchierato Scanu e di un valletto che ha sempre giocato sulla sua sessualità come Gabriel Garko, il festival 2016 in qualche modo ha visto anche la complicità dei conduttori che non hanno ostacolato l’iniziativa dei cantanti ma anzi hanno spiegato alla fine di tutte le esibizioni per quale motivo così tanti cantanti avessero i colori dell’arcobaleno addosso (importante è stata anche la decisione di Mǎdǎlina Ghenea, la valletta rumena spalla di Carlo Conti di indossare vistosamente al polso un fiocco pro unioni civili).
Il pubblico, soprattutto quello LGBT (da sempre Sanremo come Eurovision è una kermesse amato da questa comunità) non poteva non apprezzare il gesto, trasformando i social in una vera e propria arena di discussione, di stati seguiti da vari hashtag (come #rainbowsanremo #sanremoarcobaleno #sanremolgbt) o gare tra chi per primo/a riusciva a scattare foto degli artisti con i nastri o fiocchi che a volte non erano facilmente individuabili.
I politici e la popolazione contraria al DDL Cirinnà ha però subito criticato queste iniziative come qualcosa di escogitato dalla famigerata e potente “lobby gay”, tutto precedentemente studiato al tavolino e rinforzato anche grazie alla partecipazione del dichiarato gay Elton John e da Nicole Kidman, attrice che ha avuto il secondo figlio grazie ad una gravidanza surrogata.
Al pubblico più attento non è mancato però osservare la mancanza dell’esposizione dei colori arcobaleno da parte di alcuni artisti, quattro per la precisione, gli Zero Assoluto, gli Stadio, i Dear Jack e Neffa.
E proprio tra questi quattro artisti è stato eletto il vincitore, gli Stadio, che probabilmente visto la loro grande carriera e il tributo a Lucio Dalla nella serata delle cover, sono riusciti ad avvicinare un pubblico di tante generazioni.
Questa è la dimostrazione che la tanto nominata “lobby gay” non esiste o se esiste non ha tutto il valore che gli viene attribuito.
Questo ha portato ad un vero e proprio trionfo momentaneo da parte dei politici contro le unioni civili come ad esempio Mario Adinolfi che non hanno esitato a postare sui propri social commenti contro i nastri rainbow per poi essere smentiti in poco tempo dai vincitori che hanno commentato “Non abbiamo messo i laccetti arcobaleno ma la legge sulle Unione Civili va approvata il prima possibile”, smentendo cosi la loro posizione politica, ma anche il fatto che ci sia stato un piano di marketing studiato dalle case discografiche insieme al movimento lgbt.
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