Loredana Bertè non andrà all’Eurovision Song Contest 2024: “Una Voce per San Marino” ha scelto di deludere chi sperava nel riscatto dal settimo posto sanremese, sfruttando quello che, dopo il caso Lauro del 2022, sembrava potesse nuovamente configurarsi come il “concorso della porta di servizio”.

Chi ama Loredana è rimasto comprensibilmente amareggiato, poiché il merito di un’artista di quello spessore non è mai contestabile, né lo sarebbe stato in questo caso. Dall’altra parte, però, ci sono non solo le ragioni pratiche di chi deve adattare la propria proposta a un contesto che potrebbe non rendere giustizia al calibro della Bertè, ma anche alcune considerazioni a tutela della dignità e dell’indipendenza di una selezione, quella di San Marino, che non può e non deve trasformarsi in un’ancella del Festival Sanremo.

Il primo a insinuare il sospetto fu Achille Lauro, che dopo la mancata vittoria al festival nostrano salì sull’Olimpo eurovisivo con l’iconica protervia taurina rimasta negli annali dell’Eurovision Song Contest, che ben sintetizzava l’audacia con cui c’era arrivato: passando, appunto, per le traverse di San Marino. Ripetere con la Bertè il gioco della scorciatoia avrebbe danneggiato irrimediabilmente l’immagine di un concorso che, giunto al suo terzo anno, sta cercando con tutte le sue forze di far emergere la propria personalità e il proprio diritto a esistere come manifestazione autolegittimante, anziché come sostituzione parodica di qualcosa di più grande e più degno di sé. Le difficoltà, ovviamente, ci sono e proprio in quest’ultima edizione sono emerse con particolare evidenza, ma l’obiettivo deve essere il miglioramento, imprescindibile dall’affermazione di un’identità e credibilità fondate non solo sull’autodeterminazione, ma anche sul rispetto degli emergenti, che devono poter contare sulle stesse chance di vittoria dei “mostri sacri” delusi da Sanremo.

La vittoria dei Megara, dunque, oltre a essere a mio parere meritatamente conveniente in un’ottica eurovisiva, ha l’ulteriore vantaggio di aiutare San Marino a scrollarsi di dosso i mortificanti panni di “festival di serie b”. Considerando la quasi azzimata organizzazione del concorso italiano, rodata dalla lunghissima tradizione e da decenni di mitologiche gaffe e miracolose rinascite, cercare di somigliargli nel giro di tre anni può produrre solo vistosi imbarazzi. Per il momento, dunque, si prosegua sul solco tracciato proprio in occasione di questa terza edizione: come nelle parole di ieri sera di Fabrizio Maffei, San Marino è una piccola nazionale che si accontenta di partecipare, guarda le grandi da lontano e le ammira con sincera stima, pretendendo non di raggiungerle, ma senz’altro di ricevere lo stesso rispetto che rivolge loro. L’impegno, prima o poi, potrebbe portare i suoi frutti, anche se la strada sembra ancora molto lunga.

Piuttosto discutibile, ad esempio, l’atteggiamento dei due presentatori in risposta alla disorganizzazione generale e ai ripetuti incidenti occorsi sul finale della serata, con Fabrizio Biggio che ha finito per accanirsi sulle difficoltà degli operatori, mostrandosene sarcasticamente divertito e continuando a cavalcare l’onda del fuori programma da showman, più che da presentatore. Vero è che, non molto prima, il giovane due comico dei Bromance aveva appena rimarcato il ritratto di un Paese dimesso, fermo ai tariffari in lire e bonariamente conciliante nei confronti di qualsiasi violazione d’ordine logico o normativo, andando forse a condizionare l’impostazione generale e spianando la strada al successivo tracollo di professionalità.

Chi invece ha lodevolmente onorato il proprio ruolo istituzionale è stata la giuria. La preferenza è ricaduta su un brano orientato all’Eurovision Song Contest non soltanto a livello musicale, ma soprattutto scenografico, perfetto per il taglio prettamente televisivo su cui la manifestazione è ormai inquadrata da anni. La forte presenza scenica dei Megara ben si attaglia al colorato pubblico del concorso, profondamente diverso da quello italiano (non è un caso che quest’unica performance tipicamente eurovisiva del concorso sammarinese provenga da un gruppo straniero). Nonostante qualche altra valida alternativa proposta, la giuria ha scelto in piena autonomia, senza cedere alle pressioni dei fan né alle indicazioni dei giornalisti, resistendo persino alla standing ovation del teatro in occasione dell’esibizione della favoritissima Loredana Bertè.

Il primo passo adesso è compiuto, ma quello più importante, ovvero il passaggio in finale di San Marino all’Eurovision Song Contest di Malmö, è ancora lontano. In molti dubitano che i poco conosciuti Megara possano centrare l’obiettivo del Titano, ma è lecito rispondere che neppure Loredana Bertè avrebbe offerto oggettive garanzie, perché non sempre, all’Eurovision, l’amore dei fan è sufficiente a portare al trionfo, si veda il “caso Lauro” del 2022. A questo punto è dunque preferibile votare con onestà intellettuale e scegliere brani che, anche da perdenti, non lascino spazio a illazioni su favoritismi e presunti “diritti acquisiti” dei big rispetto agli emergenti.

San Marino si esibirà nella seconda semifinale di giovedì 9 maggio, quella in cui, dovendosi pronunciare anche l’Italia, con la presenza di Loredana Bertè si sarebbe potuto sperare in un cospicuo numero di preferenze. Ma in quella stessa semifinale voterà anche la nazione di origine dei Megara, la Spagna, la cui comunità di eurofan è particolarmente grande e solida, molto più di quella italiana o albanese. In quest’ampio bacino confluirà anche il televoto del resto d’Europa che, come detto, quasi certamente apprezzerà la performance della band di Madrid più di quanto non avrebbe favorito quella di Loredana Bertè.